Rumore di piatti

Mi fermo al self-service per fare benzina.
È mezzogiorno di un fresco giorno d’estate.
Dalle case più sopra giunge un gaio vociare:
sono aperte e porte e finestre, si porta una sdraio in giardino.

Nell’aprir la portiera odo distinto un familiare rumore di piatti:
una famiglia è pronta per sedersi a mangiare.
La tavola piena di bibite, pane e bianche stoviglie,
sulla tovaglia le macchie dei giorni trascorsi:
oggi è sabato, finisce al bucato.

La pasta è in bollore, il sugo scoppietta: ci vuole il coperchio;
per secondo c’è manzo, saporito, col vino;
nel lavello l’insalata pulita: «Marco, l’asciughi?»
Giulia ha già addentato un panino, per poi far capricci.
Alfio arriva, ha fatto uno squillo.

Marco, che è bravo, è d’umor servizievole: ha finito gli esami.
Una per una raccoglie in un panno le foglie,
riunisce le cocche e tenendo sotto una mano esce in giardino.
Son già ripartito, non ci siamo potuti vedere.

È bello vedersi tutt’e quattro all’assalto dei piatti fumanti.
L’appetito fa allegri: si parla, si mangia, si ride, si beve.
La bontà di quel rosso del sugo un po’ bruciacchiato,
la tenera pasta masticata dai denti che riempie di gusto la bocca.

È solo un pranzo normale, di una famiglia normale.
Ma è il pranzo di oggi: con mamma, Giulia e papà.
E io che son Marco... E tutto è adesso che accade.

 

Cremignane, 25 giugno 2011

 

Cori e danze Una mora


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