Fragranza d’osmanto
Fanfaluche di carte d’arance aleggian leggere per l’aria:
tutti i miei mille progetti son finiti così.
Altro ho raccolto da quel che avevo pensato:
prove e pensieri, piazza d’armi e palestra:
son contento narciso, ma avrei preferito il confronto.
Ti sei ben difeso, monachino, con lo zen del non-esserci.
Sei sfuggito a tutte le reti,
ma se apri la mano non ti vedi nient’altro che un pugno di mosche.
È questo che ora ti fa sì insipida la carne d’addosso,
e ti vedi più grande senz’esser cresciuto?
Non giunge uno sguardo a vederti, un dito a toccarti,
non ascolti parole, non rispondi alle mail.
E ti viene il magone il mattino pensando al tuo giorno,
quando stringi il laccio al tuo zaino, nero e pesante:
ancor non si va sul Bronzone, söl Gölem o la Balòta del Córen.
Ne hai voglia di sbucciarti le nocche colpendo coi pugni la campana di vetro
che col pensiero ti sei costruito d’attorno per stare al sicuro.
Respiri l’aria stantia di quel piccolo mondo in cui ti sei chiuso.
Col muto alfabeto dei gesti e della continua presenza
t’invito a mollar quel pensiero: se vuoi esser del mondo, respira!
Qui non c’è l’aria pura e finissima delle vette del Tibet.
Qui tutto contamina... e tutto da solo alla fine guarisce.
Ibernato nei ghiacci puoi viver da morto mill’anni.
Ma che dici del fuoco che nel petto ti arde,
che tutto ti brucia come carta d’arancio, in fragranza d’osmanto?
Cremignane, 3 ottobre 2011
Fragranza d’osmanto by Vittorio Volpi
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