Inno alla vita

Inno alla vita

 

Su un picco di bianco calcare nel pieno del sole
getto in aria le braccia e lancio un grido selvaggio.
Risento l’eco per lungo il farango.

Son vestito di sole, appartengo alla luce,
all’aria, alla vertigine che freme lungo la schiena.
Ho da dire gran cosa, non importa che io solo la senta.
Urlo il mio attimo: mi sento di roccia e di luce,
di verde, di bianco, d’azzurro... di aria.
Mi sento addosso la carne, il mio corpo compatto.
Tenendo alzate le braccia mi lascio abbacinare dal sole:
quell’incandescenza mi accende e trasmuta.
Scoppio di luce: è questo il morire? O il vivere pieno?
La mente si incide questo momento immortale.

Un momento sublime: ero come Prometeo,
ma le catene non mi tenevan prigioniero alla roccia:
mi pareva che il mondo a me s’ancorasse, tutto compatto.
Non vi ero costretto, non era un’eroica missione, comando divino:
mi bastava esser quel ch’ero sullo sperone di roccia,
celebrare col grido il nostro più grande mistero;
non che debba esser tenuto segreto; sol che le parole non lo sanno ridire:
d’esser tutto col tutto e con l’uno, al punto di non saperci distinguere,
esser dell’età del calcare, il bagnato dell’acqua, la carezza del vento,
la luce celeste e solare che emana il mio saper d’esser vivo.

 

Cremignane, 28 ottobre 2011 (sera)

 

Un giorno normale Nudità


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