L’arciere

 

Chi è quell’arcier solitario che passa e scompare?
Tre sillabe orgogliose e sonore il suo nome:
un fiero molosso(1) scandito in gutture estraneo.

“Disciplina, distacco, distretta”: un’arme quel nome:
   – Il dover d’ogni giorno che tempra, rinfranca e dà forza.
   – Il polpo dei sensi non soffoca il cuore.
   – Purificata tensione, paziente covata, vincolo saldo.
Ti riconosco, mia Patria, madre di forti, di eroi.

Diserto, il vento di Scizia mi porta lontano:
riconosco altra Patria, più vera, più forte, senza confini.

Arciere che all’orizzonte trascorri
la tua barbara lingua non è fatta per sedurre o mentire;
alloppiato ed allotropo il greco melenso che si parla a Bisanzio.
Voglio una lingua da lupo, che mi morda il costato,
che mi punga nei gangli vitali, che mi sproni l’ardire, lenisca i dolori.
Preferisco acqua fresca che con le mani mi porto alla bocca,
al mosto ricotto ch’estrania, che mi toglie il comando.

Vengo a servirti, mio arciere, mi piace e seduce il tuo libero vento.
Respiro altra anima, mi faccio più lieve, più spirito.
Ho capito che cavalchi nel vento, è con te che devo volare.
Un frullo di freccia, che voli, non che ad un centro si miri.
Amo il tuo vento, che mi porta senza meta lontano.
La mia anima è tesa, non vuol che scoccare.
Altra patria ha scoperto più antica, più madre,
mi estirpa dagli ori e smeraldi, dalla corte e il suo sfarzo ieratico.

L’un nell’altro scopriamo, quel che all’altro più piace.
Non giunge la mente a pensare iperbole più verticale.
Il reale di nuovo risquadra il pensiero:
ha un’anima il vivere, i fatti da soli han sostanza.
Non ringrazi la rete del pesce che ha preso.
Ananke il mondo governa: è legge celeste, se sei prode ti premia,
perché è fatta a misura, dei fatti, degli atti che noi costruiamo.
Il desiderio pensa oltre il pericolo: avventurato ed insano.
L’apprensione ti fascia, astuta e prudente, e ti butti nel fuoco.

L’arciere va oltre il mandato: è affar personale;
sembra che voli d’acrobata, che danzi l’attesa in sella al cavallo.
Vuole andare anche oltre, passare dove ha visto un pertugio.
È solo curioso di come nell’Impero si viva.
Che se ne fa di terre o ricchezze? La steppa è di più.

Sono all’ancora in porto, ancor non son giunto,
ancor mi è d’aschero l’incognita terra,
ma sento il bisogno, anche sol di sapere,
per il fatto evidente che siam stirpi diverse,
se qualcosa d’umano ci unisce, alla pari... e stupire.

E piacersi come ognuno si è: mongolo arciere ed akritas(2).
Non mai pensando d’esser nemici, anzi rinascer reciproci,
piacendo a ciascuno il diverso dell’altro.
Ed amarci per questo, liberi come il vento che ci spira d’intorno,
più di quanto i nostri comandi ci vorrebbero avversi,
più di quanto noi stessi potevamo pensare.

 

Cremignane, 6 luglio 2011

 

(1) Nella metrica classica, piede di tre sillabe lunghe; più o meno come il foscoliano né più mai...; la pronuncia italiana vuole che i tre monosillabi siano ulteriormente legati dal raddoppiamento sintattico: né ppìù mmai. Inevitabile il richiamo alla famosa razza di mastini epirotici. L’una e l’altra accezione possono sovrapporsi nei sistemi onomastici orientali: ciascuno dei tre sostantivi allitteranti va immaginato come carattere monosillabico, che può divenire simbolo araldico.

(2) Sentinella avanzata lungo il confine dell'Impero Bizantino. Digenìs Akrìtas (Διγενής Ἀκρίτας La sentinella dalla doppia origine, o nato due volte) è anche il titolo di un poema popolare bizantino (XII-XIII secolo) che narra le vicendi di Basilio, un akrita (difensore della frontiera) figlio di un emiro saraceno e di una greca cristiana.

 

Due fili d’erba La finestra


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L’arciere by Vittorio Volpi
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