Due fili d’erba

 

Sorge il sole sul lembo estremo della steppa;
nuda erbosa planizie da un capo all’altro del vasto orizzonte.
Mi attrae, la voglio percorrere, esplorare.
Mi accoglie: è sconfinata, ha un’altra misura.
Svaniscono come vapore colonne e fondamenta, lex et limes.
Un filo d’erba è più eterno di un gladio di ferro.

Passan due cigni, maestosi e regali, vola con essi il mio sguardo.
Con lo sguardo si scioglie anche la mente.
È tutto verde uniforme; intenso e profondo l’azzurro del cielo.
Un gregge di pecore bianche, una yurta che fuma,
cavallini veloci e leggeri corrono in branco senza una meta.
Non giunge la mente a quadrare il mistero.
Si frantuma la griglia con le cifre in bell’ordine.
Mi distendo nell’erba, allargo le braccia e le gambe,
non ho compassi che mi chiudano il cerchio.

La volta infinita del cielo è muta ovunque la guardi.
Il sole ti scalda una guancia, non chiede chi sei.
La nuca, la schiena, le gambe sembra abbian radici.

Non c’è un dove, né un qualcosa d’andare a cercare.
L’immaginazione, tesa all’estremo, t’implode.
Ad occhi aperti ti sale dal cuore qualcuno che ami:
doni a tua volta quel che la steppa ti ha dato:
ti fai nuda, erbosa planizie, con affetto l’accogli.
Senti sul corpo il suo passo, il suo sguardo.

Due fili d’erba cresciuti vicini: vastità nuda e sconfinata.

 

Cremignane, 4 luglio 2011

 

Il lupo bianco L’arciere


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