È morta una stella

Un corpo che se ne va

 

Come si può amare un corpo disfatto che se ne va?
   Non rimane che l’attenzione concentrata su sé,
   sui propri dolori. Formiche che dicono che un pezzo ti è morto,
   crampi di resistenza allo spasmo di qualcosa che tutto capisce.

Un dito da fuori mi tocca e mi sana: un raggio che fende le nubi.
   Un volto femminile tutto ti bacia e ti vorrebbe rinascere.
   Di poco consola sapere che il mostro tutto-bocca con te morirà.
   Un blemmio che ti s’espande dal petto e brano a brano t’ingoia.

Non hai che morire, già è gran cosa saperti assistito:
   che fino in ultimo t’ama, che ti collassi e snaturi, che ti smuori così.

Il sole t’allevia che ti senti di sasso, il freddo la vince.
   Porti da vivo un peso inorganico: e pur cresce, e pur mangia!
   Tutto va in pappa prima del tempo: lo senti dai nervi che non tengono più
   Lo senti da strani dolori, mai prima avvertiti: e non vedi chi stringe.

Non volevi morire, insensato, così; per quanto ti spremi non ti viene un pensiero.
   E sai che lotti per supplire alla meglio: il tuo corpo tutto combatte.

Sai già che ti tocca morire: avresti preferito un po’ più da eroe,
   che la tua mitica impresa potesse servire anche ad altri... non così!

Qualcun altro è il padrone: ti nutre o ti disfa a libito suo, che ignori.
   E la vita, il bene, che può contro il male? È un possibile ben circoscritto.

È un potere con stretti confini. Non sa cos’è il bene se lo trancia di netto.
   Non sa cos’è il male, se lascia il parassita sol perché è vivo.

È il pesce grosso che mangia il più piccolo, e le placide mandre che brucano l’erba.

E le lacrime non asciugano nulla, e il magone te lo stringi per te.

Eppure quel corpo, fin che vive, un’anima l’ha, vigile e desta, viva e sai di chi è.

 

Cremignane, 28 gennaio 2018, ore 13,30

 

 

Chi veramente noi siamo Il mio vicino mi guarda


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Un corpo che se ne va by Vittorio Volpi
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On line dal 17 agosto 2018

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