Oberto Ameraldi: Brescia : Fondazione Civiltà Bresciana, 2000. - (Cattolici & Società ; 11), p. 522-530. |
9.10. Orzinuovi, la guerra, l’epurazione (parte decima)
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Nel frattempo stavo anche cercandomi un nuovo lavoro, nel caso mi avessero epurato dalla scuola. Le notizie dagli altri processi di epurazione potevano lasciarmi solo nell’incertezza. Dalle sentenze emesse non si potevano trarre previsioni affidabili: a volte erano scarcerati grossi calibri, altre venivano punite con troppa severità figure decisamente modeste.
L’amico Gino Ceriani da Roma mi suggerì di chiedere un colloquio al cav. del lavoro Scipione Innocenti dell’omonima manifattura di tabacchi di Bologna per un’eventuale assegnazione nelle filiali all’estero e mi aggiungeva anche un prezioso biglietto di presentazione. Scrissi dicendo che «non avendo legami di famiglia e 37 anni di età, il genere di attività da Lei prospettatomi mi interessa moltissimo, disposto come sono a trasferirmi ed a lavorare oltre oceano per lunghi periodi di tempo». Purtroppo il contatto non andò a buon fine. Pensai per un certo tempo di trasferirmi a Parigi, perché conoscevo bene il francese. All’inizio di gennaio mi giunse un’offerta di lavoro dal caseificio Arnoldi di Orzinuovi.
Il dottor Emilio Bonettini era di carattere eccessivamente sensibile, o meglio, per usare le sue parole: «io sono perfettamente normale anche se un poco esagerato negli affetti verso la famiglia e verso la patria». Già nel 1939 era stato a Varese per accertamenti. In una lettera di allora mi scriveva che aveva chiesto al distretto militare di essere arruolato con qualsiasi grado in caso di guerra, pur di non rimanere a casa. Mi raccontava poi che per colpa di una persona, morsa dal cane della famiglia Ratti, cane che lui non aveva voluto sopprimere, aveva passato dei brutti momenti.
Nel 1945 era di nuovo in cura. Gli raccontai di quanto mi stava capitando e così mi rispose:
Ammesso e non concesso per cose sicure che tu abbia a perdere il posto, cosa conta? Il posto te lo sei conquistato col tuo lavoro, col tuo ingegno, colle tue qualità. Tornerai da capo e lo riconquisterai. E poi io non credo che ti venga tolto e anche se lo fosse sarà per qualche mese solo. Se dovessero eliminare tutti i funzionari iscritti nel partito e ferventi fascisti l’Italia resterebbe senza i 9/10 dei suoi funzionari e ciò non è possibile, vedrai che tutto si accomoderà. Tu poi sei sempre stato buono , bravo e galantuomo e non hai mai fatto male ad alcuno. Dove sono i sopraprofitti? Così si dica per gli altri membri della tua famiglia. Che nemici avete? Io non ho mai sentito a dir male di voi. Dunque sursum corda e state di buon animo.
Poco tempo dopo il buon dottore poteva ritornare a casa e riprendere la professione. Ricordo di aver visto un suo annuncio economico su «Valcamonica socialista». Non avevo motivo di ringraziare la buona stella per la mia momentanea situazione, ma vedendo quanto soffriva una persona a me vicina, che avevo sempre amato e stimato, potevo ben dormire fra due guanciali e confidare nel futuro. Piatire sulla mia condizione non mi avrebbe per nulla aiutato a risolverla, bisognava prendere il toro per le corna, fare tutti i passi necessari; “tenerci”, perché nessuno l’avrebbe risolta per me. Questa fu la risoluzione di quei giorni, in quel terreno piantò radici un tratto del mio temperamento che mi caratterizzò poi nel corso degli anni.
In quei giorni capitò si presentasse alla mente un pensiero che mi passava velocissimo come un baleno, quando sul far della sera lungo l’argine del Grigna m’incantava lo sguardo lo scorrer dell’acqua in rivoli trasparenti e serpigni adattandosi ai ciottoli del greto pietroso, o mentre accaldato per la marcia mattutina mi chinavo al Fontanì de l’Aligrìna per un sorso ristoratore di quell’acqua chiara, fresca e dolce. Il solo accostarsi delle immagini faceva sorgere la domanda: vedevo l’Assandri con la sospensione pendente, ingiusta e spropositata, vedevo il buon dottore dentro il turbine dei suoi neri pensieri, eppure sereno: i loro volti mi facevan da specchio, in questo mio prossimo vedevo me stesso. Una seconda domanda non aveva il tempo di materializzarsi in parole, che già era svanita senza risposta: qual è il legame che ci fonde in unità pur lasciandoci individui e persone distinte. È un grande mistero, ma che invita a dar corpo a quegli esili e invisibili fili di ragno che ci tengono agli altri legati, a non ignorarli, a non giudicarli, a non cercare pretesti per tenerci da essi lontani e diversi: non è questo che può minacciare la nostra identità. Ma già scuotendo le palme dall’acqua rimasta dopo averle recate in conca alla bocca e più, passando le mani sul viso accaldato, si lavava la mente da simili avventurati pensieri; veri, chi sa? ed all’alea d’altri più immediati e concreti, pur largiti dal medesimo fato, ristorata alfin si volgeva.
L’istruzione del processo si stava procrastinando sine die. Passai in questa attesa l’inverno del 1945: mi era strana questa “vacanza forzata” (il 14 ottobre erano ricominciate le scuole), mi sentivo escluso, con tutto quel che c’era da fare. A posto in coscienza, impaziente e impotente bisognava ancora aspettare. Poi sarebbe venuto il mio turno. Avevo tutto il tempo per pensare, per guardarmi in giro, per “riconoscere” Esine e tutta la sua gente. In novembre ci fu il primo sciopero nella scuola. Mi sarebbe piaciuto vedermi...
Non era facile governare, non bastava il buon senso; governare la democrazia risultò più difficile di quanto si fosse creduto. Bortolo Moraschini che aveva retto il Comune dopo la Liberazione durò nella sua carica “provvisoria” fino al gennaio del 1946, quando fu nominato sindaco un giovane e stimato maestro, il buon Giovan Maria Vielmi. Alle elezioni amministrative del 24 marzo fu eletto Luigi Volpi, che durò in carica per un quinquennio, fino al 1951 (già nell’estate 1946 dovette affrontare un’epidemia di tifo scoppiata a Plemo). Per quelle elezioni entrambi i partiti, DC e PS mi avrebbero incluso volentieri nelle loro liste, solo che la legge elettorale proibiva la candidatura agli ex-iscritti al PFR .
In aprile, dopo che la Sottocommissione ministeriale d’epurazione mi aveva confermato il procedimento epurativo, parve aprirsi uno spiraglio di una soluzione della mia vicenda. Aiutato da Agostino Benedetti, delle omonime Manifatture di Pompiano, si fece un tentativo di persuasione presso il maestro affinché ritirasse la denuncia. La risposta mi fece, a dir poco, saltare i nervi.
Comunque era una possibilità, ed andava tentata. La cuccuma del momento sbollì in fretta, come la bizza di Geppetto. Riuscii a scrivergli in tono molto accomodante, ma anche molto fermo:
Ieri ho scritto al sig. Benedetti proprio nel tono che Lei desidera. Non tanto mi interessa di portare la mia pratica di epurazione verso una soluzione favorevole, quanto di poter, con lei, mettere una pietra sul passato.
Il fatto che Lei ha smesso ogni rancore nei miei riguardi, mi conferma nel bandire ogni risentimento dal mio animo verso di Lei. Quando gli animi sono sereni il resto viene come felice conseguenza.
Intanto le devo confessare che la sua è l’unica denuncia contro di me: si faccia pure mostrare il fascicolo e controllerà l’esattezza di quanto le dico. […]
Le farà piacere sapere che non mi proclamo eroe del “doppio gioco”: ero fascista in buona fede, però aborrivo dalla violenza ed aiutavo di cuore, quanti potevo, pur di idee opposte. […]
Nei riguardi del povero Cappellini lei è male informato: io personalmente ho cercato di essergli utile, purtroppo inutilmente. La notizia della sua morte mi venne comunicata nel cinema di Orzinuovi dal dott. Costantino Pietroboni al quale dissi subito il mio dolore, affermando pure che ero certo che quello era un gravissimo errore, che avremmo scontato noi fascisti in Valcamonica. E tutto fu vero.
Per quanto concerne il suo arresto Lei sa chi può essere il responsabile: bontà sua se non ha voluto infierire quando poteva. Io non c’entro […] Fazioso con gli insegnanti, no: ad Orzinuovi e nei paesi del Circolo solo 5 iscritti al p.f.r. Vuol credere che ne ho dissuaso una quindicina ad iscriversi venuti a chiedere il mio parere? […]
Lei chiede ravvedimento sincero e collaborazione col nuovo ordine di cose.
Le dico solo che il locale non ha voluto epurarmi nemmeno come elettore. Ho già il certificato elettorale come l’ho avuto per le amministrative.
I democristiani ed i socialisti, che hanno fatto 2 liste nelle Amministrative, mi hanno detto il loro rammarico perché impossibilitati ad includermi in lista, dato il veto contenuto nella legge elettorale amministrativa per gli ex rep.
Come vede qui godo la stima di tutti perché la mia condotta è nota a tutti.
Del resto, da partigiano che è, faccia quel tanto di onore che si meritano ai suoi compagni della Valcamonica. Vuol proprio che facessero una eccezione per me, lasciandomi in vita e poi in circolazione, dopo una cinquantina di esecuzioni, in parte di oscuri ed insignificanti gregari, qualora non avessi avuto pure i miei meriti?
Cosa desidero? Veda lei ciò che si può fare. O ritirare la denuncia, sic et simpliciter, lasciando 2 parole per dire che non la si ritiene più valida, oppure mi invii una specie di ritrattazione (in cui sia detto che alla luce di nuovi elementi ecc.) che mi serva a neutralizzare il peso della denuncia esistente. Bisognerebbe non perder tempo.
Quello che mi interessa è di sentirmi assolutamente sereno anche nei suoi riguardi.
Il tentativo però non ebbe successo, e il procedimento proseguì per la sua strada. Sfortuna volle che, essendo ancora sotto giudizio, non potei usufruire della cosiddetta “amnistia Togliatti”, già concordata col Luogotenente per celebrare il risultato del referendum. L’amnistia fu molto bersagliata dai commenti giornalistici e severamente giudicata in sede politica, perché vedeva «federali, giornalisti, delatori, aguzzini in libertà».
Il presidente della commissione che mi avrebbe giudicato era un ebreo col nome cambiato. Poteva essere dunque utile produrre documenti che testimoniassero come mi ero comportato nelle poche occasioni nelle quali avevo conosciuto persone di religione ebraica. Una delle prime attenzioni del nuovo governo era stato, tra l’altro, riammettere nell’insegnamento gli insegnanti discriminati.
A parte la difficoltà oggettiva di comunicare con la Spagna , ragioni di prudenza mi consigliarono di non richiedere attestazioni a coloro che avevo aiutato, perché vigendo in quel paese la censura, li avrei inevitabilmente compromessi.
A metà ottobre si celebrò il processo presso la sede del Provveditorato, in Piazza Tebaldo Brusato. Riconfermai quanto già dichiarato nella scheda, nell’autodifesa, nei vari promemoria... Questa parte filò liscia. I giudici insistettero invece sui presunti vantaggi economici derivati dall’appartenenza al partito fascista. Mi rovesciarono le tasche, come si dice, ma non uscì un centesimo: Lavabo inter innocentes manus meas , si recitava all’offertorio fino a qualche anno fa... E con un detto dialettale potrei aggiungere: camìda nèta l’è hübit laàda , “la camicia pulita si lava in un attimo”.
La sentenza fu emanata il 25 di ottobre: e fu di completa assoluzione:
Le comunico che in data 25 - 10 - 1946 questa Sottocommissione ha concluso il giudizio d’epurazione che La riguarda, dichiarando non sussistere incompatibilità a rimanere in servizio.
IL PRESIDENTE
Direi di più: fu un indiretto elogio del mio comportamento, venne sottolineato che mai il mio impegno politico era stato disgiunto da profonda, cristiana comprensione verso i bisognosi di aiuto ed ai sofferenti per ingiuste persecuzioni. Fui scagionato da ogni addebito, confermando anzi che avevo agito con correttezza, onestà e buona fede. Nulla poi da eccepire dal lato professionale. Tanto mi bastava.
Colsi l’occasione per chiedere il trasferimento in una sede più vicina. Mi fu assegnata la Direzione di Iseo. Mi riaccesi di entusiasmo: Iseo era una sede prestigiosa e tutto sommato non molto lontano da casa.
Vittorino, al solito molto ben informato, si complimentò con me 361 :
Carissimo Oberto,
ho saputo subito della buona riuscita dell’amico, ma non ebbi tempo per darti la primizia: sono macerato dal lavoro.
Sei trasferito al Circolo di Iseo. Ti fa piacere? Penso di sì.
Con tanto affetto, facendo festa al tuo ritorno nella scuola dove continuerai il tuo apostolato educativo.Ti abbraccio
Due maestre di Orzivecchi furono molto dispiaciute che non fossi riconfermato al Circolo di Orzinuovi:
Siamo perciò dispiacentissime di aver perduto in lei una guida paziente e buona, un’anima generosa e comprensiva, un galantuomo, come si dice, tanto difficile a trovarsi oggigiorno. Sono queste le buone doti che l’hanno fatta amare e la fanno rimpiangere da tutti gli insegnanti del nostro circolo (eccettuati, forse, i patrioti e le patriote!...) e che La faranno sicuramente amare dagli insegnanti del nuovo circolo iseano.
Erano nel contempo persuase che la mia «solida fede di religione e di patria» mi avrebbe sostenuto validamente nella nuova sede.
Quando mi arrivò la notizia, non pensavo certo che Iseo sarebbe diventata la mia seconda residenza. Non avevo ancora intenzione di “fermarmi”. L’anno dopo, uscito il concorso per la copertura di posti presso le scuole italiane all’estero, presentai regolare domanda.
Ma una lieta sorpresa avrebbe cambiato il corso della mia vita... aveva nome Margherita.
Ameraldi - Caveat lector by Vittorio Volpi is licensed under a Creative Commons
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Ultimo aggiornamento 24 marzo 2010Copyright © 2009 - Vittorio Volpi
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