Il pilota automatico

Il pilota automatico

Son quindici giorni che percorro la steppa infinita.
Rettilineo il cammino, non vedo sentieri.
È lontano ogn’altro essere umano:
ogni tanto, lontano, spicca una yurta tra il verde e l’azzurro di bianco.

Procedono i passi un dopo l’altro in modo automatico,
monotono il paesaggio d’attorno: espande e concentra la vista;
e cali dalla mente il tuo schermo a vederti la vita.
Ti nutri di fenici-ricordi, che sempre rinascono nuovi.
Non fra la folla potevi trovare che cerchi;
ai giochi di carte vincon sempre gli scaltri furbastri.
Son troppe le regole, non c’è scuola-guida.

Nella steppa sei solo: le tue gambe e lo zaino.
Una voce ti dice di andare: che d’improvviso può tutto cambiare.
Sei sulla cymba del Caronte dei vivi.
Lui sa dove andare, come condurti all’incontro.

Seduto a gambe incrociate, viandante t’attende:
nella ciotola gli offri preziosi i tuoi grani di sale:
s’insapora di vele e di mare quel pane che t’offre.
Ti chiede, senza parole, del vago tuo errare:

«La meta si restringe dal tutto», ti dice; e ancora:
«Dopo l’ultimo passo, capisci che ti devi fermare».

«Non m’hai detto gran cosa, già lo sapevo da me».

«In mille modi si posson sapere le cose,
ciascuno le conosce per sé».

Capisco che il viaggio-da-solo produce l’arrivo e l’incontro.

 

Cremignane, 10 novembre 2011

Amoureux du soleil Viaggio sciamanico


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