L'ardenza

L’ardenza

A mezzo l’inverno rannicchiato sotto un manto di lana,
ascolto il silenzio: finalmente i pensieri non chiacchierano più.
Non riesco a richiamare i ricordi, ad immaginare alcunché.

A mani incrociate mi abbraccio con le palme le spalle.
Mi avvolge una guaina di vivo tepore,
una dolcissima ardenza mi ha dentro tutto disciolto,
son tutto di miele; Drago mi viene a lappare sul volto.
Indulgo ovattato a rubarmi un piacere da nulla,
a godermi ancor per un poco il pigro calduccio.
Senza pensieri, senza progetti,
guardando dai vetri la vita
che man mano s’accende di rosa.

Il primo pensiero si sforza di ricordare il suo nome,
riodo soltanto due sillabe e un timbro vibrato
ch’era già nei polmoni: una parola che ancor non è un nome.
Un volto compare e sparisce sommerso d’un dolce sapore,
e può ben anche sparire, dal tanto che l’ami,
e può anche non esserci, dal tanto che c’è,
puoi anche non più rivederlo, dal tanto che è in te.

Come spieghi altrimenti questo lievito buono,
quel profumo di mandorle e miele che inali ed espiri?
Un cofanetto d’oriente di rose e lukum,
la sabbia che scotta sotto la pianta dei piedi,
e il tuo andar spensierato in cerca di nulla:
anche il mondo potrebbe sparire,
dal tanto l’hai dentro di te.

 

Cremignane, 19 dicembre 2011

 

 

Reati d’immaginazione Scoiattoli


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